sabato 5 settembre 2015

Io & la Biblioteca Fucini, un amore al di là del tempo

Si avvicina Nottissima, “la notte bianca in Biblioteca”. Apertura della “Renato Fucini” dalle 18.30 alle 2.00, una kermesse sparsa in tutta la città e fatta di teatro, musica, artisti di strada, mercatini, di tutt’un po’. La Biblioteca comunale, com’è giusto, si adegua alle esigenze dei tempi e si spettacolarizza. Rispetto l’evento e mi fa piacere che al centro di tanta creatività e dinamismo ci sia questa istituzione empolese cui sono affezionatissima. Mi accorgo di avere ormai una certa età e provo a ricordare quand’è stata la prima volta che sono entrata alla Fucini. Credo di non sbagliarmi; anni a cavallo tra i ‘70 e gli ’80, facevo le scuole medie, e dovevo svolgere una ricerca su Giacomo Puccini. Altri tempi, senza internet, con in casa certe enciclopedie seriose con le pagine in bianco e nero e poche immagini, che facevano passare la voglia  di documentarsi invece di invogliarti a leggere. Andai in Biblioteca, se non ricordo male, con una amica. La memoria mi rimanda immagini che interpreto a fatica, una geografia tutta diversa dall’attuale; d’istinto, mi verrebbe da dire che l’ingresso era da Via Leonardo Da Vinci; mi sembra di ricordare una scala esterna, e poi l’accesso alla grande sala lettura del primo piano. La memoria sovrappone i piani temporali e se penso a quel mio primo ingresso vedo la sala così come l’ho vista in seguito, così come la vedo adesso: lo spazio suddiviso dalle scaffalature inframezzate a grandi tavoli. Magari, chissà, all’epoca gli spazi erano organizzati  diversamente, ma io li ricordo così. Ne fui subito conquistata. Sentii immediatamente il fascino di quel luogo arcano e silenzioso in cui si respirava il clima importante della cultura documentata, fatta di libri letti e da leggere, studiati e da studiare. Non l’ ho più abbandonata, alternando periodi di intensa frequentazione a momenti di minor assiduità, determinati dalle varie vicende della vita. Tra i ricordi della mia giovinezza, con piacere rivedo un pomeriggio in cui con una amica mi recai in Biblioteca alla caccia di giornali successivi al primo maggio 1976, giorno della morte di Alekos Panagulis. Avevamo letto “Un uomo” di Oriana Fallaci e ci eravamo innamorate del rivoluzionario greco protagonista del libro. Volevamo
vederlo in faccia e contavamo di trovare qualche foto a corredo degli articoli relativi alla sua morte; e i giornali del 1976 potevamo trovarli solo in Biblioteca. All’epoca anche i quotidiani si consultavano al primo piano, nell’unica grande sala di lettura, e rivedo la fibrillazione con cui io e la mia amica sfogliavamo le pagine dei vecchi quotidiani alla ricerca di fotografie di Panagulis. E quando le trovammo…che delusione. Chissà cosa ci aspettavamo; un attore, un modello, un calciatore. Erano gli anni di Cabrini, magari ci immaginavamo un tipo atletico e muscoloso, dalla fronte alta e gli zigomi scolpiti. Invece ci trovammo di fronte alle immagini di un uomo fisicamente assai normale, con i capelli scuri e folti e due enormi baffi che lo facevano somigliare a un funzionario statale, a un poliziotto imbolsito, altro che l’intrepido eroe raccontato dalla Fallaci. E andando in Biblioteca tutti i giorni trascorsi le memorabili vacanze di Natale in cui dovetti dedicarmi alla lettura del “Niccolo’ de’ Lapi” di Massimo d’Azeglio, con stesura di relativa relazione. Avevo iniziato la lettura di malavoglia, deprecando il fatto di dover spendere gran parte delle mie vacanze su quel testo antiquato e barboso invece di andare a divertirmi, eppure quanto mi appassionai… i Palleschi e i Piagnoni, Francesco Ferrucci, Gavinana, …Vile, tu uccidi un uomo morto! E quanto tempo trascorso in Biblioteca negli anni di Università, una Biblioteca rinnovata e ampliata, con le sale al pian terreno e l’ingresso da Via Cavour; ore, giorni, settimane per gli esami, per la stesura della tesi, e ancora, dopo la laurea, ore, giorni e settimane per prepararmi per i concorsi… ed essendo in seguito diventata mamma, ho a lungo frequentato anche la sezione ragazzi nel frattempo allestita, accoccolata sulla mia brava seggiolina accanto a Raffaele che voleva leggere e rileggere e ri-rileggere sempre gli stessi libri… e così sono passati altri anni e mi ritrovo al giorno d’oggi. Non ho più ricerche da fare, esami da preparare e nemmeno bambini da accompagnare, ma in Biblioteca vado ancora; nella
sezione ricavata nel corridoio coperto del primo piano che circonda il chiostro ci sono i tavoli con le prese di corrente per i computer, quanto di più adatto per rifugiarsi a scrivere in un luogo protetto  in cui non mi può accadere nulla di sgradevole. Ricordo, qualche tempo fa, una settimana intera di ferie che mi sono regalata e che ho trascorso a scrivere in Biblioteca. Era un periodo piovoso, ogni tanto alzavo gli occhi dal computer e guardavo al di là del finestra, nel chiostro. L’acqua che scendeva giù implacabile e monotona portava con sé tutti gli anni e i ricordi del passato. Intorno a me, ragazzi chini sui libri o intenti a scrivere al pc, circondati da fogli, penne e quaderni, e io mi sentivo, in fondo, una di loro…forse è per questo che la Biblioteca mi piace tanto tutt’ora, perché per me funziona un po’ come macchina del tempo…