domenica 19 maggio 2013

La vita secondo Jane Austen





Il nostro club  - Il club di Jane Austen - si è riunito a distanza di parecchi mesi dall’ultimo incontro; da quando è stato fondato non c’era mai stata una pausa così lunga tra una riunione e l’altra. Siamo un gruppo di donne parecchio indaffarate e stavolta abbiamo rischiato che i continui rinvii ci facessero demordere dall’impegno preso ormai un paio d’anni fa, quello di trovarsi assieme nel nome di Jane Austen per discutere dei libri dell’autrice inglese e non solo.  Ma alla fine ce l’abbiamo fatta, e pur a ranghi ridotti  - oltre alla sottoscritta erano presenti Alessia, Giovanna, Silvia B e Silvia D - ci siamo incontrate un venerdì sera d’inizio maggio, a casa di Alessia, per discutere del libro “La vita secondo Jane Austen”, scritto da William Deresiewicz, professore associato di inglese all’Università di Yale  e autore di numerosi articoli e saggi. Il sottotitolo di questo libro, “Cosa ho imparato dai suoi romanzi sull’amore, l’amicizia e le cose davvero importanti”, sembra fatto apposta per le nostre riunioni, che sono sempre state occasione, oltre che di discussioni più o meno serie sui romanzi della Austen e su altri libri, di innumerevoli divagazioni su un nucleo centrale di questioni, le eterne tematiche dell’amore, dell’amicizia e dei sentimenti. Li abbiamo sempre affrontati con un piglio ironico e un po’ dissacrante, che spesso ci ha fatto fare delle solenni risate; ma quest’ultima serata è stata, come dire, particolarmente intensa dal punto di vista della elucubrazione intellettuale, e pur avendo chiacchierato, sghignazzato, riso, fatto fuori una notevole quantità di dolcetti e salatini accompagnati da litri di tisane, devo dire che, probabilmente, il livello di discussione è stato più alto di qualsiasi altra volta. Forse perché avevamo a che fare con un saggio… e forse perché ormai, avendo letto, discusso e sviscerato tutti i romanzi della Austen, potremmo fare da assistenti a Deresiewicz durante le sue lezioni a Yale…  
Dunque, il libro; è diviso in sei capitoli, ognuno dei quali affronta un romanzo della nostra Autrice raccontandoci in quali circostanze Deresiewicz lo ha letto e, appunto, quali insegnamenti ne ha tratto. Si parte con Emma; che è universalmente noto come il romanzo della Austen preferito da Alessia, che per questo personaggio, e il suo “snobismo”,  ha una assoluta predilezione. Concordiamo sul fatto che la Austen, descrivendo i minimi accadimenti delle aristocratiche case di campagna inglese, ci insegna quanto sia importante la quotidianità, di quanto nella vita contino le azioni minime e ordinarie, dello spazio che occupano nelle nostre giornate e, pertanto, del valore che hanno. Godersi anche i gesti apparentemente ordinari, questo è uno dei principali insegnamenti che possiamo trarre dalle storie di Jane Austen. Nei romanzi si tende a narrare di grandi accadimenti o di fatti importanti, notevoli, che scardinano la quotidianità, mentre la Austen agisce al contrario, trasformando in romanzo la vita ordinaria di tutti i giorni.
Tutte concordi sul fatto che Orgoglio e pregiudizio dimostri, come dice l’autore, che per la Austen crescere significa sbagliare. E’ quando si dubita di essere nel giusto che si matura… anche se talvolta può non essere facile ammettere i propri errori di valutazione. Ci lanciamo in una lunga disamina sull’importanza del dubbio, su quanto conti sapersi mettere in discussione. C’è chi, fra noi, lo fa con facilità, chi non lo fa affatto, chi  ammette di esprimere con una certa frequenza giudizi anche recisi che poi però è costretta a rivedere, anche se non ha mai ammesso in pubblico di avere sbagliato!
Northanger Abbey a me non è piaciuto moltissimo, mentre le altre socie del club lo hanno tutte apprezzato, chi più, chi meno. Deresiewicz approfitta della tematica – una ragazzina parecchio ingenua e un po’ ignorantella, Catherine, che viene in qualche modo educata e corretta da Henry, che poi se la sposerà – per una lunga dissertazione sull’importanza del rapporto tra insegnante e allievo, tra educatore e discepolo. Noi del club inseriamo il discorso nell’ambito dei rapporti sentimentali: come ci poniamo nei confronti dell’altro, abbiamo la presunzione di insegnargli qualcosa o vogliamo soltanto, e in modo disinteressato, che l’altro dia il meglio di sé? La questione è dibattutissima e il discorso prende mille ramificazioni, ma tutte concordiamo alla fine sul fatto che si può cercare di insegnare qualcosa all’altro, a patto di rispettarlo profondamente e di non avere la presunzione di cambiarlo. 
E Mansfield Park cosa ci insegna? Tra le mille considerazioni che facciamo -  l’importanza di essere se stessi, di mantenersi coerenti con la nostra natura a dispetto dell’ambiente che ci troviamo a frequentare, di non lasciarsi abbacinare da promesse non si sa se fondate o meno -  una sottile differenza enucleata da Alessia ci da modo di riflettere a lungo, ed è la differenza tra amore e amare… amore è un sentimento, ma amare implica un’azione e quindi uno sforzo… per questo l’amore a prima vista è, per Jane Austen, una contraddizione in termini. Amare implica un lavoro lungo e impegnativo che può essere, talvolta, anche piuttosto faticoso.
Persuasione è il romanzo della Austen che a me personalmente è piaciuto di
più, ma anche le altre socie concordano nell’apprezzamento; l’autrice lo scrisse che era, probabilmente, già malata, il tono è assorto, malinconico, autunnale; proietta un’atmosfera densa di nostalgia e rimpianto introvabile nei lavori precedenti. Sono pagine dense di solitudine e sconfitta. In questo romanzo ci sono situazioni di assoluta modernità, per esempio viene descritta l’amicizia tra uomini e donne – su un rapporto di parità - e l’idea del gruppo di amici che finisce per rappresentare una sorta di famiglia, la famiglia che ci scegliamo piuttosto che quella che ci ritroviamo assegnata per sorte.
La discussione su Ragione e sentimento si focalizza sulla differenza tra “vero amore” e “grande amore”. L’ amore è sempre vero, piccolo o grande che sia: quante volte ci guardiamo alle spalle e ci chiediamo come è stato possibile aver amato così tanto una persona, ed esserne state tanto convinte, quando adesso, a distanza di tempo, ci rendiamo conto che quella storia, con l’amore, aveva poco o nulla a che vedere?   L’amore è sempre vero perché risponde alle tue esigenze del momento.
Quanto al grande amore, è tutt’altra storia…intanto, non è detto che lo si trovi; ma come riconoscerlo? Jane Austen ci dà degli indizi proprio in questo romanzo forse più che in altri. Il grande amore è quello per cui vale la pena attraversare la distanza che ci divide dall’altro; è l’amore che non colma nessuna lacuna, non riempie niente, eppure ti fa trovare una motivazione per andargli incontro, anche se è faticoso.
Chiudiamo la serata chiedendoci come mai gli uomini non leggono Jane Austen; anche Deresiewicz, “costretto” ad avvicinarsi alla Austen nel corso dei suoi studi universitari sulla letteratura inglese,  ammette di essere stato molto riottoso all’idea di doversi mettere a leggere i suoi romanzi, salvo, poi, diventarne un ammiratore, tanto da scriverci questo appassionato saggio. Concordiamo che è una questione di sensibilità; agli uomini, in genere, certi argomenti non interessano. E poi, chissà, forse pensano che venga intaccata la loro virilità, dato che “i sentimenti indeboliscono”.
Comunque, non sanno quello che si perdono!
La riunione del club si scioglie a notte fonda, con le ciance che proseguono fin sulle scale… nella miglior tradizione dei nostri incontri, non smetteremmo mai di chiacchierare! L’appuntamento è – genericamente – prima dell’estate, con la lettura del libro Morte a Pemberley di P.D. James., sequel di Orgoglio e pregiudizio.
Non vedo l’ora!