domenica 24 marzo 2013

Una notte d'inverno un recensore



mercoledì 27 marzo 2013 – ore 21,15

Centro per le arti “Officina Odeon 5”

Signa, Via Santelli 15





UNA NOTTE D’INVERNO UN RECENSORE
Presentazione-spettacolo del romanzo 
“Ma per fortuna è una notte di luna – trilogia pucciniana con delitto” 
di Cristina Preti


Con Silvia Bagnoli, Cristina Preti



Cosa succede se una giornalista deve passare la notte leggendo un romanzo per recensirlo entro le dieci del giorno dopo, pena il licenziamento dal giornale per cui lavora?

Intanto, deve rinunciare ad uscire con l’amica del cuore, che invece se ne va allegramente a una festa; e deve rassegnarsi alla lettura di 350 pagine di passioni, intrighi e acuti; si, perché il romanzo in questione è ambientato nel mondo del teatro d’opera e ha per sfondo la messinscena di tre opere pucciniane: La Bohème, Madama Butterfly e Tosca.

E così, mentre l’amica la tempesta di telefonate per avere consigli per conquistare un tipo conosciuto alla festa, la nostra giornalista si immerge nella lettura, lasciandosi travolgere dall’affascinante  mondo del melodramma, e abbandonandosi a digressioni che vanno da Charles Aznavour alle statistiche dell’Istat, dalla filosofia zen alla donna più bella del mondo, fino a giungere alla tecnica della scrittura poliziesca; perché nel romanzo, tra un duetto e un sovracuto, c’è persino un delitto, consumato addirittura sulla scena, dove un esuberante tenore viene fucilato sul serio.

La recensione sarà pronta per l’ora stabilita mentre l’amica della giornalista farà l’alba sulle tracce del tipo che ha conosciuto alla festa, di cui si è subito innamorata; perché la passione, proprio come l’opera lirica, una volta che è entrata subdolamente in circolo non ti molla  più, e non resta che sottomettersi, rassegnati, alla sua conturbante tirannia. Che, pur procurando qualche mal di pancia, colma la vita di emozione, rendendola palpitante e vera.

martedì 12 marzo 2013

Lettori in viaggio / 9



15 novembre 2011
Treno delle 17.10 da Firenze per Siena.
IL CAMPAGNOLO

Mi siedo davanti a un signore che per aspetto e abbigliamento richiama la campagna. Capelli castani un po’ arruffati, pelle del viso rossastra, tratti del viso marcati. E’ magro. Abbigliamento casual-sportivo tutto sui toni del marrone, curato e ben abbinato: camicia color senape chiaro di velluto a costine, gilet beige, pantalone di vigogna marrone chiaro, stivaletti marroni con zip laterale. Appesa al gancio di fianco al suo seggiolino, una giacca di pelle marrone.
E’ a telefono, dice:
“Arrivo a Poggibonsi verso le sei e un quarto.”
All’anulare della sinistra, noto la fede nuziale.
Finalmente capisco chi mi rammenta: Nemorino, l'ingenuo giovane campagnolo protagonista dell’Elisir d’amore di Donizetti.
Chiude il cellulare, nelle sue mani compare, tirato fuori non so da dove, un volumetto. Mi accorgo che è un quaderno con la copertina rigida cartonata color nero. Si mette a leggere, le pagine sono manoscritte, con una grafia che sembra regolare, ordinata e dritta pur nell’assenza di righe o quadretti. Un diario? La stesura di un romanzo, di un racconto? L’ha scritto lui? L’ha scritto qualcun altro? Legge con attenzione, guardando ogni tanto fuori dal finestrino, pensoso. Mi viene in mente una delle icastiche frasi di Oscar Wilde: “Non viaggio mai senza il mio diario. Si dovrebbe sempre avere qualcosa di sensazionale da leggere in treno” .


18 novembre 2011
Treno delle 7.53 per Firenze.
LA PENSOSA RAFFREDDATA
 
A Signa sale una donna sui trentacinque, carina, bionda, con i capelli appuntati in un corto codino. E’ magra, occhiali dalla montatura rossa, visino pallido, struccato, liscio. Un piumino imbottito, sciarpa grigia al collo, jeans attillati e infilati in un paio di stivali vistosi, di vernice nera.  Ha a tracolla una grossa borsa viola, in mano un sacchetto di carta verde. Si siede mormorando: Che freddo. Estrae dal sacchetto verde un libro dalla copertina arancione, che sembra piuttosto vissuto: “Un indovino mi disse”, di Tiziano Terzani. Forse glielo hanno prestato, perché a dispetto dell’aspetto vissuto lo apre a poche pagine dall’inizio. Si interrompe quasi subito, per estrarre da una tasca un fazzoletto e tamponarsi il naso. Riprende la lettura, ma dopo pochi minuti, di nuovo chiude il libro e estrae il fazzoletto per asciugarsi il naso, con un movimento gentile, elegante. Lascia il libro chiuso appoggiato in grembo, le mani sopra, una guantata e una no; lo sguardo perso verso un punto imprecisato della carrozza. Ogni tanto si guarda  la mano nuda. A Rifredi rimette il lbro nel sacchetto, e aspetta che il treno arrivi a destinazione, lo sguardo vuoto che si fissa ora qua, ora là.