Sarà perchè ho iniziato con lettere e
diari, ma il mio approccio alla scrittura è sempre stato molto
personale, intimo, solitario; e quando con Emiliano Bezzon è venuta
fuori l'idea di scrivere qualcosa insieme mi sono chiesta se potesse
funzionare. Il progetto, poi, prevedeva di dedicarsi a un romanzo,
niente di tecnico che potesse prestarsi a una facile distribuzione e
suddivisione di compiti. Scrivere insieme un'opera di fantasia, e per
di più a distanza... come ci siamo divertiti a calcolare, abitiamo a 272.7 Km di distanza in linea d'aria, che diventano ben 364.8 se calcolati come distanza di guida. Che
sistema avremmo
adottato? Come avremmo proceduto? Chi avrebbe fatto
cosa? Oltretutto, non potevamo contare né su una qualche forma di
collaborazione pregressa né su un'amicizia di lunga data né su una
significativa condivisione di esperienze... ci conoscevamo appena!
Eppure quei pochi elementi che erano emersi da una breve
conversazione a margine di un incontro di lavoro erano stati
sufficienti a far sì che prendesse forma il nostro temerario
progetto di scrittura a distanza e a quattro mani: la comune
passione per la letteratura, la predilezione per il genere giallo, e,
nello specifico, per il giallo classico, poliziesco,
d'investigazione, la diffidenza per certi stereotipi di investigatori
oggi di moda - cinquantenni sfigati con problemi familiari – e la
voglia di creare un personaggio nuovo, positivo e diverso. Da lì
siamo partiti, senza farsi nemmeno troppe domande. E così è nato
"Breva di morte", scritto con un fitto scambio di e-mail...
spesso durante le presentazioni del libro ci chiedono qual è il
nostro modo di procedere, ma le nostre risposte non sono mai
sistematiche, perché nemmeno il nostro metodo lo è. Talvolta
inizia Emiliano e finisco io, talvolta il contrario, entrambi
rileggiamo il testo per modifiche e integrazioni; le idee ce le
mettiamo entrambi, magari discutendone un po'; certo nel nostro
romanzo le parti più sbirresche sono di Emiliano mentre quelle più
narrative sono mie, ma non è una regola assoluta nemmeno questa.
Forse la cosa più sorprendente è stata che a dispetto dei nostri
rispettivi caratteri alquanto coriacei ci siamo rivelati abbastanza
malleabili nel prendere in considerazione le reciproche osservazioni
e le reciproche critiche, che pure non sono mancate. Alla fine il
romanzo è nato in pochi mesi, lasciandoci entrambi più che
soddisfatti! Con un dubbio, però; abbiamo detto fin da subito che
l'avremmo scritto "a quattro mani", ma è corretta questa
dizione? In realtà la scrittura nel senso tradizionale del termine
si fa con una mano sola, la destra (o la sinistra se si è mancini),
opportunamente dotata di penna... ma evidentemente "a quattro
mani" ci è venuto spontaneo a causa dell'evidente abitudine,
comune a entrambi, di scrivere al computer... utilizzando sulla
tastiera entrambe le mani! Per quanto mi riguarda, poi, nell'adozione
quasi automatica di questa definizione ha sicuramente giocato un
ruolo significativo il sotteso rimando al pianoforte a quattro
mani...e su questo posso ben dire di essere sola, nel senso che mai e
poi mai Emiliano potrebbe sopportare la mia maniacale fissazione con
l'ascolto della classica, preferibilmente a tutto volume...e già lo
immagino che ringrazia Iddio per quei trecento e passa chilometri di
distanza che ci separano!
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