lunedì 27 gennaio 2014

Festival del Giallo di Pistoia - 2014



Partecipo, quest’anno, alla quarta edizione del Festival del Giallo che si svolgerà a Pistoia dal 31 gennaio al 2 febbraio. Tema del Festival: Gocce scarlatte sul giallo. Storie di passioni, di tradimenti, di delitti, di amori maledetti. E il mio intervento, manco a dirlo, riguarderà il mondo del melodramma, che di passioni, tradimenti e delitti trabocca decisamente…
Opera buffa a parte, nelle opere i cadaveri abbondano; spesso alla fine della serata se ne contano più d’uno. E a parte l’esito “luttuoso” delle storie, spesso intricate, a base di scambi di persone, inseguimenti e raggiri, le trame del melodramma trasudano di passioni straordinarie e violente, cui i personaggi si abbandonano fino alle estreme conseguenze. “Io seguo il mio destino”, canta soavemente Cio cio san poco prima di diventare Madama Butterfly; la sua storia non è particolarmente intricata – anzi la trama dell’opera è di una linearità esemplare – però la sua enunciazione potrebbe davvero essere adottata come sintesi riassuntiva dell’agire di tanti personaggi del melodramma, se non di tutti. E la parola “destino” rimanda immediatamente ad una delle opere più rocambolesche della produzione
verdiana, “La forza del destino”, appunto, in cui il motore della vicenda è rappresentato da un fatto insolito: un colpo d’arma da fuoco partito accidentalmente! A Don Alvaro, discendente della stirpe reale degli Incas, fidanzato di Leonora, parte per caso un colpo di pistola, che colpisce a morte il marchese di Calatrava, padre dell’amata! Don Carlo, figlio del morto e fratello della ragazza, giura vendetta e insegue Don Alvaro e la sorella per ogni dove, ma dopo tutta una serie di ricerche, travestimenti, imboscate e peripezie, nello scontro decisivo con l’uccisore di suo padre ha la peggio. Prima di esalare l’ultimo respiro si toglie però la soddisfazione di ammazzare la sorella privandola così della possibilità di godersi finalmente il suo bel fidanzato meticcio. Tre morti su quattro personaggi, un bilancio niente male…Bilancio altrettanto sanguinoso per Tosca, opera pucciniana che tra l’ altro è al centro delle vicende gialle del mio romanzo “Ma per fortuna è una notte di luna – trilogia pucciniana con delitto”, per il quale, appunto, sono stata invitata a questo Festival. In Tosca, quattro sono i morti che si contano
alla fine dell’opera, tre protagonisti (su tre) e un comprimario. Queste le vittime, in ordine di sparizione: Angelotti; Scarpia; Mario Cavaradossi; Tosca. Senza dubbio la morte più spettacolare è quella di Cavaradossi, che, come si sa, pensa di essere sottoposto ad una falsa fucilazione. Ma il perfido capo della Polizia, Scarpia, appunto, che giace già cadavere per mano di Tosca, aveva dato ordine ai suoi uomini che la fucilazione fosse vera più del vero, altro che simulata. E così il povero Cavaradossi va tranquillo incontro a quella che crede una recita e si ritrova nientemeno che nell’aldilà, con Tosca che intanto strepita  per il tradimento atroce subito da Scarpia e che per risolvere definitivamente la questione si getta dai bastioni di castel Sant’Angelo, sperando di raggiungere quanto prima il suo Mario, nell’aldilà, appunto... nel mio romanzo ho immaginato che la finzione si trasformi in realtà, e che il tenore interprete del pittore Mario Cavaradossi cada realmente ucciso dalla scarica del plotone d’esecuzione, tutto composto da ignare comparse…ma saranno davvero ignare? Chi ha esploso il colpo fatale? Chi ha caricato sul serio i fucili generalmente caricati a salve? Ma questa, rispetto alla Tosca di Puccini, è un’altra storia…
Così come è un’altra storia quella di Rigoletto, che quanto ad atmosfere noir non ha nulla da invidiare ai granguignoleschi intrighi di certa letteratura (e d’altra parte il soggetto del Rigoletto è tratto da Hugo). La storia si svolge a Mantova, città brumosa dalle atmosfere rarefatte; il Duca, quello per cui “Questa o quella ecc ecc”, quello per cui “La donna è mobile ecc ecc”, insomma il libertino dell’opera per antonomasia (anche Don Giovanni è libertino, a dire il vero, e le ama tutte, purché portino la gonnella; ma come personaggio è più fine; il suo libertinaggio è più elegante di quello del Duca di Mantova. Ma è un parere personale), insomma il Duca si è finto povero studente e ha fatto innamorare si sé l’ignara Gilda, figlia del buffone di corte Rigoletto; i cortigiani, volendo giocare un perfido tiro a quest’ultimo, rapiscono Gilda credendola la sua amante, e la consegnano dritta dritta nelle mani del Duca. Il quale, ovviamente, approfitta delle circostanze. Rigoletto, divorato dalla sete di vendetta,  si rivolge al sicario Sparafucile (che nome! felicissima intuizione!) che, aiutato dalla sorella meretrice Maddalena, in una notte di tempesta attira nella sua locanda il Duca per farlo fuori. Ma, ma, ma… Maddalena convince suo fratello a non uccidere il Duca che è giovane e bello e ha conquistato anche lei… gli propone di uccidere al suo posto il primo viandante che bussi alla loro porta… Gilda si traveste da viandante, bussa alla loro porta… e il gioco è fatto! Quando Rigoletto si rivolge a Sparafucile perché gli consegni il cavadere del Duca, nel sacco che il sicario gli dà non c’è affatto quel che Rigoletto si aspetta, ma c’è sua figlia, agonizzante… che muore così sulle rive del Mincio, tra le braccia di suo padre, in una notte di tempesta… più noir di così…
E quante altre trame truculente caratterizzano le opere, dalle più famose alle meno popolari…
Nel Tabarro, Michele uccide l’amante della moglie e ne nasconde il cadavere nel proprio mantello, avvolgendovi poi anche l’ignara consorte, che si troverà faccia a faccia col morto…nei Pagliacci, opera ambientata nel mondo dei
saltimbanchi, Canio, che ha scoperto che la moglie Nedda lo tradisce, nel corso di uno spettacolo smette di recitare e inizia a incalzare sul serio la moglie per scoprire il nome dell’amante, e travolto dall’ira la uccide davvero, sul palcoscenico, per poi uccidere anche l’amante accorso per soccorrere la donna; “La commedia è finita”, chiude laconicamente l’assassino, rivolto al pubblico terrorizzato. E vogliamo parlare di “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Sostakovic, che uccide il suocero mettendo veleno per topi nei funghi che gli ha cucinato per cena e poi, aiutata dall’amante, uccide anche il marito e ne nasconde il cadavere in cantina…   
Insomma… come dire? Nell’opera lirica non si muore soltanto di tisi…


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