Di
Simenon ho letto, come molti, i romanzi con protagonista Maigret raffigurandomi
mentalmente il commissario parigino con il volto e le fattezze di Gino Cervi.
Per motivi d'età non ho visto lo sceneggiato quando fu trasmesso in TV la prima
volta, ma ho visto qualche replica e tante foto di scena. Credo che la triade
Simenon – Maigret – Cervi sia ben radicata nell'immaginario collettivo di
lettori e spettatori italiani di ogni età. Ma se devo essere sincera il Simenon
migliore, o almeno quello che a me piace di più, mi sembra quello lontano da Maigret.
Ho letto con grande piacere, negli anni scorsi, "La neve era sporca",
"L'uomo che guardava passare i treni" e "Tre camere a
Manhattan", romanzi senza il famoso commissario che ho trovato uno più
bello dell'altro. Ma l'ultimo che ho letto, quest'estate, sotto l'ombrellone,
mi ha proprio conquistata. Parlo de "La camera azzurra", pubblicato
da Simenon nel 1964. Un romanzo in cui è presente l'elemento poliziesco e giallo,
ma in cui sono altri gli aspetti più rilevanti. La storia, di per sé, non è
originalissima, ma è proprio la costruzione narrativa che affascina e rende
questo romanzo un vero capolavoro, tanto che è stato definito "quasi
insopportabile per quanto è bello". La prima scena, ambientata nella
camera azzurra del titolo, ci presenta i due protagonisti, gli amanti Antoine e
Andreé, che si riposano dopo un pomeriggio di sfrenata passione. Una scena
vivida, che immette subito al cuore della storia, con una descrizione precisa e
efficace che lungi dal fermarsi all'aspetto esteriore di quanto tratteggiato
introduce psicologia dei personaggi e importanti elementi che poi ritroveremo
nel prosieguo della narrazione. La quale si sviluppa su livelli temporali
diversi; al momento in cui il fatto si svolge si affiancano i successivi
interrogatori attraverso i quali i protagonisti chiariscono i particolari della
loro esistenza; parallelamente a tutto ciò, la ricostruzione del passato.
Insomma un intreccio piuttosto complesso, ma condotto con una maestria tale che
non si perde mai l'orientamento, tanto che, ripensandoci, sembra di ricordare
una narrazione assolutamente lineare e convenzionale. Ma non è affatto così. La
storia di Antoine, sposato con Gisele e padre della piccola Marianne, e di
Andreé, moglie del malaticcio Nicolas, si svolge nel microcosmo piccolo borghese di Saint
Justin du Loup, anonimo luogo della provincia francese, e la vicenda è classicamente incentrata sull'intreccio tra adulterio e delitti. Al di là del
plot e della costruzione narrativa utilizzata, altra notevole caratteristica
del romanzo
l'efficacia della descrizione dell'ambiente provinciale in cui il tutto si svolge e della psicologia dei personaggi, infelici e come imprigionati all'interno delle loro vite modeste e routinarie, cui solo la passione può portare un fremito di vitalità. Ma la passione e la vitalità possono essere travolgenti e pericolose... fino a diventare devastanti. Di tutte queste magistrali pagine alcuni elementi mi sono rimasti più impressi di altri. Ho trovato davvero ineguagliabile la capacità di Simenon di descrivere la vita familiare e domestica nella sua feroce ambivalenza, da una parte piatta e ripetitiva, e perciò esecrabile, ma dall'altra estremamente rassicurante, e quindi desiderabile, soprattutto nei momenti in cui si ha paura di qualcosa. Una descrizione che non ricorre a fiumi di parole o riflessioni o elucubrazioni, ma che si limita a tratteggiare situazioni, e a farlo con le parole giuste, poche e giuste. A un certo punto Antoine, spaventato per le possibili conseguenze della sua storia adulterina, nel cercare un rifugio sicuro ai propri malesseri se ne va in vacanza al mare con la famiglia, e si presta ai giochi della figlioletta lasciandosi tiranneggiare dalle sue continue richieste. "Non avrebbe saputo dire se lo facesse con la sensazione di compiere un dovere, per farsi perdonare una debolezza, per riscattare una colpa. Sapeva solo che quella passeggiata sotto il sole, accompagnata dalla vocetta di sua figlia, era dolce e malinconica al tempo stesso. Si sentiva felice e triste. Ma non a causa di Andreé né di Nicolas. Non ricordava di averci pensato. Felice e triste come la vita, così avrebbe voluto dire." Grande Simenon!
l'efficacia della descrizione dell'ambiente provinciale in cui il tutto si svolge e della psicologia dei personaggi, infelici e come imprigionati all'interno delle loro vite modeste e routinarie, cui solo la passione può portare un fremito di vitalità. Ma la passione e la vitalità possono essere travolgenti e pericolose... fino a diventare devastanti. Di tutte queste magistrali pagine alcuni elementi mi sono rimasti più impressi di altri. Ho trovato davvero ineguagliabile la capacità di Simenon di descrivere la vita familiare e domestica nella sua feroce ambivalenza, da una parte piatta e ripetitiva, e perciò esecrabile, ma dall'altra estremamente rassicurante, e quindi desiderabile, soprattutto nei momenti in cui si ha paura di qualcosa. Una descrizione che non ricorre a fiumi di parole o riflessioni o elucubrazioni, ma che si limita a tratteggiare situazioni, e a farlo con le parole giuste, poche e giuste. A un certo punto Antoine, spaventato per le possibili conseguenze della sua storia adulterina, nel cercare un rifugio sicuro ai propri malesseri se ne va in vacanza al mare con la famiglia, e si presta ai giochi della figlioletta lasciandosi tiranneggiare dalle sue continue richieste. "Non avrebbe saputo dire se lo facesse con la sensazione di compiere un dovere, per farsi perdonare una debolezza, per riscattare una colpa. Sapeva solo che quella passeggiata sotto il sole, accompagnata dalla vocetta di sua figlia, era dolce e malinconica al tempo stesso. Si sentiva felice e triste. Ma non a causa di Andreé né di Nicolas. Non ricordava di averci pensato. Felice e triste come la vita, così avrebbe voluto dire." Grande Simenon!
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