domenica 20 ottobre 2013

Lettori in viaggio / 11



Martedì 7 febbraio 2012

LA BIMBA

Treno delle 7.04 per Firenze
Sale con me e mi si siede davanti una ragazzina, minuta, con un pesante cappotto e una serie di sciarpe a difendersi dal freddo inaudito di questi giorni. Ha sulla testa un pesante berretto di lana nera, dal quale spunta una folta capigliatura liscia e lunga, tinta di un artificiale rosso acceso. Ha il volto levigato delle ventenni, una bella bocca rosa, un velo di ombretto grigio scuro sulle palpebre, le mani leggermente paffute che ancora non hanno perso il candore e la morbidezza rosata delle mani dei bimbi.
Prende un libro dal suo grande zaino blu: “Se questo è un uomo”, di Primo Levi, nell’edizione Einaudi abbinata a “La tregua”. E’ un volume piuttosto vissuto, ha il segnalibro di una biblioteca con lo stemma del Comune in cima e la data della restituzione stampata sotto con un datario a inchiostro. Lo apre alle prime pagine. Mentre legge, fa il broncio.

Lunedì 20 febbraio 2012

LE SPIE

Treno per Pisa delle 17.53
Di fianco a me, un signore tra i sessanta e i sessantacinque, coppola nera in testa dalla quale spuntano folti capelli bianco/grigi, e barba anch’essa folta e grigiastra, con grandi baffi; occhiali dalla montatura in metallo passata di moda, rettangolare. Aria sinistra. Non si è tolto né giaccone, né sciarpa. Legge “Il violinista delle danze scozzesi”, di Thomas Hardy.
Davanti a me, una giovane donna dai lineamenti anni quaranta, tipo Luisa Ferida, mi immagino la sua faccia in bianco e nero. Ha i capelli lunghi castani, con riga laterale, le sopracciglia di un colore diverso, più scuro, arcuate ad ala di rondine. Parla al cellulare e mi sembra di capire che parli in russo. Termina una conversazione, ne inizia un’altra, in una lingua piena di consonanti e di “sc”. Smette di parlare al telefonino e tira fuori un libro dalla borsa: Judith Michael, “Un certo sorriso”.
Il signore barbuto chiude il suo libro, si toglie la coppola e se la mette su un ginocchio; getta una rapida occhiata a Luisa Ferida; quindi si addormenta, a mani giunte, sembra che preghi. Luisa Ferida ripone furtivamente il libro in borsa e scende anche lei a Empoli, guardandosi intorno, circospetta.