Martedì
7 febbraio 2012
LA
BIMBA
Treno
delle 7.04 per Firenze
Sale
con me e mi si siede davanti una ragazzina, minuta, con un pesante cappotto e
una serie di sciarpe a difendersi dal freddo inaudito di questi giorni. Ha
sulla testa un pesante berretto di lana nera, dal quale spunta una folta
capigliatura liscia e lunga, tinta di un artificiale rosso acceso. Ha il volto
levigato delle ventenni, una bella bocca rosa, un velo di ombretto grigio scuro
sulle palpebre, le mani leggermente paffute che ancora non hanno perso il
candore e la morbidezza rosata delle mani dei bimbi.
Prende
un libro dal suo grande zaino blu: “Se questo è un uomo”, di Primo Levi,
nell’edizione Einaudi abbinata a “La tregua”. E’ un volume piuttosto vissuto,
ha il segnalibro di una biblioteca con lo stemma del Comune in cima e la data
della restituzione stampata sotto con un datario a inchiostro. Lo apre alle
prime pagine. Mentre legge, fa il broncio.
Lunedì
20 febbraio 2012
LE
SPIE
Treno
per Pisa delle 17.53
Di
fianco a me, un signore tra i sessanta e i sessantacinque, coppola nera in
testa dalla quale spuntano folti capelli bianco/grigi, e barba anch’essa folta
e grigiastra, con grandi baffi; occhiali dalla montatura in metallo passata di
moda, rettangolare. Aria sinistra. Non si è tolto né giaccone, né sciarpa.
Legge “Il violinista delle danze scozzesi”, di Thomas Hardy.
Davanti
a me, una giovane donna dai lineamenti anni quaranta, tipo Luisa Ferida, mi
immagino la sua faccia in bianco e nero. Ha i capelli lunghi castani, con
riga laterale, le sopracciglia di un colore diverso, più scuro, arcuate ad ala
di rondine. Parla al cellulare e mi sembra di capire che parli in russo.
Termina una conversazione, ne inizia un’altra, in una lingua piena di
consonanti e di “sc”. Smette di parlare al telefonino e tira fuori un libro
dalla borsa: Judith Michael, “Un certo sorriso”.
Il
signore barbuto chiude il suo libro, si toglie la coppola e se la mette su un
ginocchio; getta una rapida occhiata a Luisa Ferida; quindi si addormenta, a
mani giunte, sembra che preghi. Luisa Ferida ripone furtivamente il libro in
borsa e scende anche lei a Empoli, guardandosi intorno, circospetta.