Il nostro club - Il club di Jane Austen - si è riunito a
distanza di parecchi mesi dall’ultimo incontro; da quando è stato fondato non
c’era mai stata una pausa così lunga tra una riunione e l’altra. Siamo un
gruppo di donne parecchio indaffarate e stavolta abbiamo rischiato che i
continui rinvii ci facessero demordere dall’impegno preso ormai un paio d’anni
fa, quello di trovarsi assieme nel nome di Jane Austen per discutere dei libri
dell’autrice inglese e non solo. Ma alla
fine ce l’abbiamo fatta, e pur a ranghi ridotti - oltre alla sottoscritta erano presenti
Alessia, Giovanna, Silvia B e Silvia D - ci siamo incontrate un venerdì sera
d’inizio maggio, a casa di Alessia, per discutere del libro “La vita secondo Jane Austen”, scritto da William Deresiewicz,
professore associato di inglese all’Università di Yale e autore di numerosi articoli e saggi. Il
sottotitolo di questo libro, “Cosa ho imparato dai suoi romanzi sull’amore,
l’amicizia e le cose davvero importanti”, sembra fatto apposta per le nostre
riunioni, che sono sempre state occasione, oltre che di discussioni più o meno
serie sui romanzi della Austen e su altri libri, di innumerevoli divagazioni su
un nucleo centrale di questioni, le eterne tematiche dell’amore, dell’amicizia
e dei sentimenti. Li abbiamo sempre affrontati con un piglio ironico e un po’
dissacrante, che spesso ci ha fatto fare delle solenni risate; ma quest’ultima
serata è stata, come dire, particolarmente intensa dal punto di vista della
elucubrazione intellettuale, e pur avendo chiacchierato, sghignazzato, riso,
fatto fuori una notevole quantità di dolcetti e salatini accompagnati da litri
di tisane, devo dire che, probabilmente, il livello di discussione è stato più
alto di qualsiasi altra volta. Forse perché avevamo a che fare con un saggio… e
forse perché ormai, avendo letto, discusso e sviscerato tutti i romanzi della
Austen, potremmo fare da assistenti a Deresiewicz durante le sue lezioni a Yale…
Dunque, il libro; è diviso in sei capitoli, ognuno
dei quali affronta un romanzo della nostra Autrice raccontandoci in quali
circostanze Deresiewicz lo ha letto e, appunto, quali insegnamenti ne ha
tratto. Si parte con Emma; che è universalmente noto come
il romanzo della Austen preferito da Alessia, che per questo personaggio, e il
suo “snobismo”, ha una assoluta
predilezione. Concordiamo sul fatto che la Austen, descrivendo i minimi accadimenti delle
aristocratiche case di campagna inglese, ci insegna quanto sia importante la quotidianità, di quanto
nella vita contino le azioni minime e ordinarie, dello spazio che occupano
nelle nostre giornate e, pertanto, del valore che hanno. Godersi anche i gesti
apparentemente ordinari, questo è uno dei principali insegnamenti che possiamo
trarre dalle storie di Jane Austen. Nei romanzi si tende a narrare di grandi
accadimenti o di fatti importanti, notevoli, che scardinano la quotidianità,
mentre la Austen
agisce al contrario, trasformando in romanzo la vita ordinaria di tutti i
giorni.
Tutte concordi sul fatto che Orgoglio e pregiudizio dimostri, come dice l’autore, che
per la Austen
crescere significa sbagliare. E’ quando si dubita di essere nel giusto che si
matura… anche se talvolta può non essere facile ammettere i propri errori di
valutazione. Ci lanciamo in una lunga disamina sull’importanza del dubbio, su
quanto conti sapersi mettere in discussione. C’è chi, fra noi, lo fa con
facilità, chi non lo fa affatto, chi
ammette di esprimere con una certa frequenza giudizi anche recisi che
poi però è costretta a rivedere, anche se non ha mai ammesso in pubblico di
avere sbagliato!
Northanger
Abbey a me non è piaciuto
moltissimo, mentre le altre socie del club lo hanno tutte apprezzato, chi più,
chi meno. Deresiewicz
approfitta della tematica – una ragazzina parecchio ingenua e un po’ ignorantella,
Catherine, che viene in qualche modo educata e corretta da Henry, che poi se la
sposerà – per una lunga dissertazione sull’importanza del rapporto tra
insegnante e allievo, tra educatore e discepolo. Noi del club inseriamo il
discorso nell’ambito dei rapporti sentimentali: come ci poniamo nei confronti
dell’altro, abbiamo la presunzione di insegnargli qualcosa o vogliamo soltanto,
e in modo disinteressato, che l’altro dia il meglio di sé? La questione è
dibattutissima e il discorso prende mille ramificazioni, ma tutte concordiamo
alla fine sul fatto che si può cercare di insegnare qualcosa all’altro, a patto
di rispettarlo profondamente e di non avere la presunzione di cambiarlo.
E Mansfield Park cosa ci insegna? Tra le mille considerazioni che facciamo
- l’importanza di essere se stessi, di
mantenersi coerenti con la nostra natura a dispetto dell’ambiente che ci
troviamo a frequentare, di non lasciarsi abbacinare da promesse non si sa se
fondate o meno - una sottile differenza
enucleata da Alessia ci da modo di riflettere a lungo, ed è la differenza tra
amore e amare… amore è un sentimento, ma amare implica un’azione e quindi uno
sforzo… per questo l’amore a prima vista è, per Jane Austen, una contraddizione
in termini. Amare implica un lavoro lungo e impegnativo che può essere,
talvolta, anche piuttosto faticoso.
Persuasione è il romanzo della Austen che a me personalmente è piaciuto di
più, ma
anche le altre socie concordano nell’apprezzamento; l’autrice lo scrisse che
era, probabilmente, già malata, il tono è assorto, malinconico, autunnale;
proietta un’atmosfera densa di nostalgia e rimpianto introvabile nei lavori
precedenti. Sono pagine dense di solitudine e sconfitta. In questo romanzo ci
sono situazioni di assoluta modernità, per esempio viene descritta l’amicizia
tra uomini e donne – su un rapporto di parità - e l’idea del gruppo di amici
che finisce per rappresentare una sorta di famiglia, la famiglia che ci scegliamo
piuttosto che quella che ci ritroviamo assegnata per sorte.
La discussione su Ragione e sentimento si
focalizza sulla differenza tra “vero amore” e “grande amore”. L’ amore è sempre
vero, piccolo o grande che sia: quante volte ci guardiamo alle spalle e ci
chiediamo come è stato possibile aver amato così tanto una persona, ed esserne
state tanto convinte, quando adesso, a distanza di tempo, ci rendiamo conto che
quella storia, con l’amore, aveva poco o nulla a che vedere? L’amore è sempre vero perché risponde alle
tue esigenze del momento.
Quanto
al grande amore, è tutt’altra storia…intanto, non è detto che lo si trovi; ma
come riconoscerlo? Jane Austen ci dà degli indizi proprio in questo romanzo
forse più che in altri. Il grande amore è quello per cui vale la pena
attraversare la distanza che ci divide dall’altro; è l’amore che non colma
nessuna lacuna, non riempie niente, eppure ti fa trovare una motivazione per
andargli incontro, anche se è faticoso.
Chiudiamo
la serata chiedendoci come mai gli uomini non leggono Jane Austen; anche Deresiewicz, “costretto” ad
avvicinarsi alla Austen nel corso dei suoi studi universitari sulla letteratura
inglese, ammette di essere stato molto
riottoso all’idea di doversi mettere a leggere i suoi romanzi, salvo, poi,
diventarne un ammiratore, tanto da scriverci questo appassionato saggio.
Concordiamo che è una questione di sensibilità; agli uomini, in
genere, certi argomenti non interessano. E poi, chissà, forse pensano che venga
intaccata la loro virilità, dato che “i sentimenti indeboliscono”.
Comunque,
non sanno quello che si perdono!
La
riunione del club si scioglie a notte fonda, con le ciance che proseguono fin
sulle scale… nella miglior tradizione dei nostri incontri, non smetteremmo mai
di chiacchierare! L’appuntamento è – genericamente – prima dell’estate, con la
lettura del libro Morte a Pemberley di P.D. James., sequel di Orgoglio
e pregiudizio.
Non
vedo l’ora!