Fa bene scrivere

Era un tardo pomeriggio del gennaio 2009, tornavo a casa dal lavoro e camminavo nel sottopasso di Via dei Cappuccini, come ogni giorno. Un manifesto attaccato al muro colpì la mia attenzione. “Fa bene scrivere, inventando storie – l’incontro con lo scrittore interiore”. Tirai dritto. Ma dopo pochi secondi tornai indietro. Presi l’agenda, una penna, e mi appuntai il numero di telefono dell’Officina del talento di Empoli, l’associazione promotrice del corso.
La scrittura. Ci giravo intorno da sempre, da quando ero piccola. Ma non ci avevo mai creduto, non ci avevo mai investito veramente. Avevo frequentato, tanti e tanti anni prima, dei corsi di scrittura, ma non ne conservavo un buon ricordo. Ne ero uscita scoraggiata e vagamente delusa. Tutte quelle notazioni tecniche sull’efficacia delle varie componenti della narrazione – l’incipit, la scaletta, la trama, il personaggio, il finale – e poi i commenti dell’insegnante: “La tua scrittura è troppo tecnica. I termini che usi sono troppo ricercati. La scrittura deve evocare, non descrivere.”
Mi aveva inibito, e mi ero convinta di non essere adatta.
Però la passione covava, sotto sotto, e ogni tanto pensavo che mi sarebbe piaciuto scrivere un racconto, un romanzo. Avevo delle idee, delle trame in testa. Ma restavano lì, in attesa; non mi sentivo all’altezza.  
Quella sera del gennaio 2009, una volta a casa, telefonai al numero che mi ero appuntata in agenda, e pochi giorni dopo, il 30 gennaio per l’esattezza, iniziai a frequentare il corso. Era un corso diverso e lo capii dal primo momento in cui entrai nella stanza, un locale della canonica della Tinaia; le pareti ricoperte da scaffali colmi di libri, al centro un cerchio di candele accese.
Mi fu detto che lì avrei incontrato il mio scrittore interiore, e che durante il corso non sarebbe successo, in pratica, nient’altro. Nessuno avrebbe giudicato quello che avrei scritto. Né il gruppo di corsisti, né l’insegnante, o, per meglio dire, il conduttore del gruppo. Non c’erano insegnanti, lì. Soltanto persone che avevano voglia di scrivere, e un conduttore che aveva il compito di accoglierle e di ascoltarle. Non c’era nulla da capire o da studiare o da interpretare. Bisognava solo affidarsi.
Per la prima volta nella mia vita, io, che sono per natura abbastanza scettica, critica e severa nei giudizi, decisi di affidarmi e di fare tutto quello che mi veniva detto. Non so come sia stato possibile che il mio spirito critico abbia potuto abbassare la guardia e lasciare che io mi incamminassi placidamente per questa insolita via, ma è successo.
Mi fu detto: mettiti di fronte a un quaderno, o a un computer, e scrivi. Scrivi quello che ti viene in mente, senza pensarci, in modo meccanico, guardando le tue dita che stringono la penna o battono i tasti del computer. Fallo come se la scrittura non fosse un tuo problema.
E io lo feci. Il 31 gennaio, nel primo pomeriggio, accesi il computer, chiusi gli occhi, vidi una scena e iniziai a descriverla. E così continuai, giorno per giorno. Una volta a settimana andavo al corso, leggevo quello che avevo scritto. Tornavo a casa lieta, leggera. I racconti che gli altri corsisti avevano letto durante la serata mi accompagnavano per tutta la settimana.
E così passarono l’inverno e la primavera. Il 3 giugno scrissi l’ultima parola del mio romanzo. Sì, perché affidandomi al mio scrittore interiore ero riuscita in quei mesi a fare quello che fino ad allora non mi era mai riuscito: scrivere un romanzo, un romanzo intero.
Nessuno mi aveva chiesto di farlo, e nemmeno io ero partita con questa intenzione. Nessuno di quanti frequentano i corsi “Fa bene scrivere” (F.B.S. per brevità) si aspetta di realizzare qualcosa di particolare, di impegnativo. E, paradossalmente, è proprio per questo che poi tanti corsisti come me sono riusciti a scrivere i loro racconti o il loro romanzo. L’assenza di aspettative pressanti, la consapevolezza di non essere giudicati, l’energia del gruppo e gli altri “fondamentali” del metodo F.B.S. hanno come effetto principale quello di un rafforzamento incredibile dell’autostima. Qualunque sia il tuo obiettivo – passare bene una serata, divertirsi a inventare qualche storiella, scrivere quel racconto che da tanto tempo hai in mente, o anche nulla, nel senso che non hai alcun obiettivo -  sei accolto e apprezzato e niente è più salutare del sentirsi accolti e apprezzati. Nella convinzione che scrivere, appunto, fa bene. Un corso in cui ci si concentra su questo, sul benessere che deriva dalla scrittura, e non sul fatto che si debba imparare a scrivere bene. Quello, semmai, è un problema successivo, più tecnico, che riguarda solo chi se lo vuole porre.
Ma intanto il più è fatto, hai scritto i tuoi racconti o il tuo romanzo e quel bel mucchietto di fogli accatastati sulla tua scrivania è la testimonianza che puoi farcela, anzi che ce l’hai fatta, e che quella vocina che fino a poco tempo fa ti ripeteva malignamente “Scrivere ? Tu? Ma che idee ti vengono in mente? Non sei all’altezza. Non renderti ridicolo.”… quella vocina malefica, appunto,  è sconfitta.
I metodi di scrittura sono molti, le scuole di scrittura imperversano e non voglio certo fare paragoni e sindacare sulla bontà di questo o quel metodo.
Dico soltanto che per me il corso F.B.S. è stato risolutivo, e mi ha permesso innanzitutto di scoprire una mia personale sfera di benessere – la scrittura -,  poi di portare a compimento un mio sogno – scrivere un romanzo – dimostrandomi che non si trattava di qualcosa di irrealizzabile.
E non posso negare che da quando ho intrapreso questo percorso la mia vita è cambiata, e cambiata in meglio. Perché, e posso affermarlo con sicurezza, fa bene scrivere, inventando storie.