mercoledì 23 maggio 2012

Lettori in viaggio / 7


Giovedì 20 ottobre 2011

LA GATTARA E LA SUORA
Intercity delle 8.35 per Milano.
Davanti a me una donna sui cinquantacinque. Piccola, paffuta. Capelli colore indefinito, sul castano, divisa su un lato, lisci, appena sulla spalle, poco folti. Volto senza un filo di trucco, guance rotonde. Maglietta attillata a manica lunga in lycra a piccola fantasia geometrica sui toni marrone e ruggine, jeans, scarpe da ginnastica chiare. Accanto a se, un trasportino con dentro un grosso soriano grigio tigrato.
“E’ allergica?” mi ha chiesto premurosa appena mi sono seduta.
Arrivano alcuni passeggeri stranieri, sudamericani. La donna ci scambia qualche frase in spagnolo, li informa che sta andando a Milano. Esce dallo scompartimento perché, dice, non ha alcun posto prenotato. Si mette seduta su un seggiolino nel corridoio e lascia sul sedile di fronte al mio il trasportino con il gatto, che mi guarda sornione dallo sportello aperto. La donna si mette a leggere: Germano Celant, “Precronistoria 1966-69”. Il gatto dormicchia, miagola debolmente ogni volta che si verifica un qualche episodio; transito rumoroso di passeggeri, annuncio diffuso dall’altoparlante.
Di fianco a me, una suora. Ha un cappotto azzurro in panno con le maniche strette al polso da un elastico, sotto un abito anch’esso azzurro, in testa un velo sempre azzurro, però più chiaro.
Capelli non completamente raccolti nel velo, castani. Sopracciglia piuttosto folte, non curate, occhi chiari, espressione serena. Noto che, stranamente, somiglia all’altra donna, solo che dev’essere più giovane; ha la pelle del viso più liscia. Dormicchia fin quasi a Bologna. Poi prende il cellulare, fa un numero, chiede “Come stai?”, parla con voce bassa, briga per delle prove di canto, nomina altre suore da coinvolgere: alcuni brani sono  incerti, vanno ripassati. Quando chiude la conversazione si mette a leggere, concentrata, il libro che fino ad allora aveva appoggiato al contrario sul tavolinetto di fronte a lei: “Genitori per sempre”, di Valerio Albisetti, edizioni Paoline, copertina bianca con il disegno di un albero, tronco marrone e foglie rosse.
All’avvicinarsi della mia fermata mi alzo e mi metto il cappotto; i sudamericani dormono, la suora e la gattara leggono, il gatto sonnecchia e socchiude appena un occhio per osservarmi mentre esco dallo scompartimento.

3 novembre 2011

PASSATO E FUTURO
Treno delle 18.28 per Pisa.
Davanti a me. Una donna di mezz’età legge un libro in edizione economica appoggiandolo sulla borsa che ha sopra le ginocchia: “La caduta dei templari”, di Jack Whyte. Ha i capelli corti, castano chiaro, indossa un piumino rosa aperto su un maglioncino leggero viola chiaro, e jeans scoloriti. Porta un paio di occhiali dalla montatura classica, dorata; ha la bocca sottile, una fossetta in mezzo al mento. Stringe gli occhi dietro le lenti, stringe anche le labbra, come a concentrarsi meglio; è talmente concentrata che corruga la fronte, tra le due sopracciglia si formano due solchi verticali molto marcati.
Accanto a lei, un giovane giapponese con una gran testa incorniciata da capelli lisci e nerissimi, il naso largo e un po’ schiacciato, la pelle delle guance leggermente butterata. Anche lui con occhiali dalla montatura classica, del tutto simili a quelli che indossa la donna, ma in metallo anziché color oro. Indossa un maglione nero con contorni bianchi e un paio di  jeans. Ha un giubbotto sportivo blu e rosso appoggiato sulle ginocchia, e sopra un e-book. E’ contenuto in un astuccio di pelle color marrone, lui sfoglia le pagine toccando appena lo schermo con il pollice. Lo schermo è grande abbastanza da far sì che ne possa vedere il contenuto anche io che siedo di fronte. E’ un fumetto, in bianco e nero. Ogni pagina contiene quattro vignette, ogni tanto, invece, lo schermo mostra un'unica grande vignetta  che occupa tutta la pagina e sulla quale il ragazzo pare fermarsi con maggior attenzione.
Quando scendo, la donna è ancora molto concentrata sul suo libro, mentre il ragazzo ha iniziato a lasciarsi andare a brevi, sommesse risate.

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