venerdì 15 giugno 2012

Eremo e filosofia/1

PENDOLARE AL QUADRATO

All’Eremo di Montecastello (700 m. a picco sul Lago di Garda) partecipo nel giugno 2012 a un seminario residenziale con la filosofa Francesca Rigotti: “Creatività e minimi sistemi”. Tre giorni di filosofia, di lago, di natura, di compagnia insolita, e di una me stessa diversa.

Mi ero ripromessa di prepararmi per questo seminario, leggendo i libri che erano stati consigliati, se non proprio tutti almeno quelli scritti dalla docente. Invece arrivo trafelata al giorno della partenza ed è con soltanto un paio di minuti di anticipo che metto piede sul treno che mi porterà a Brescia; stavo per perderlo.
Questo per dire che quando affrontiamo il primo degli incontri previsti  - La sapienza del pendolo che molte cose conosce oscillando qua e là – non so nemmeno di cosa parleremo; immagino confusamente che il discorso toccherà forse Galileo  e l’isocronia del pendolo, ma oltre non vado.
Invece tutta l’argomentazione prende una piega inaspettata. Il fenomeno del pendolo viene trattato come metafora esperienziale umana; la sapienza del pendolo deriva dal suo sperimentare dimensioni estreme e opposte così come dall’avere un punto di vista alto e inamovibile e uno basso e in costante movimento; si parla di nomadismo, migrazioni, finito e infinito, dell’esperienza che si trasforma in conoscenza, del sapere statico e granitico cui si contrappone un sapere caratterizzato dalla flessibilità.
E via via che la docente parla mi accorgo che – meraviglia delle meraviglie – si parla di me! Si, proprio di me stessa! Nel senso che anche io vivo un modello particolarmente complicato di pendolarismo, che non so come definire e che decido di denominare, per adesso, un pendolarismo misto, con una sua manifestazione interna, e una esterna.
Ch’io sia protagonista di un moto pendolare nessuno può certo negarlo, dato che ormai da anni ogni giorno alle sette del mattino (più o meno) salgo sul treno per recarmi in ufficio, a Firenze, e da lì me ne riparto a orari variabili del pomeriggio (a seconda della durata della mia giornata di lavoro) per tornarmene a casa, a Empoli. In questa specifica raffigurazione di pendolarismo, il punto fermo, il “gancio”, è costituito dal mio datore di lavoro, il filo rappresenta la mia necessità di garantirmi uno stipendio, io, infine, mi identifico nel peso. Come diceva Michelstaedter, “Un peso pende (…), quant’è peso pende e quanto pende dipende”…Più chiaro di così…
Ed ecco che nel mio moto pendolare io mi sposto quotidianamente in due realtà fisiche diverse, e sono anche due persone diverse. Quando mi colloco nella mia città interpreto la mia dimensione di base, quella di Cristina come persona privata, che vive in un determinato contesto familiare e amicale, dedita ad attività inerenti la sfera degli affetti e delle relazioni intime e private. Qui elaboro una conoscenza esperienziale principalmente emotiva e sentimentale, qui mi sento protetta, qui mi rifugio, qui mi riposo.
A Firenze, chiaramente, interpreto un altro personaggio, inserito in una dimensione del tutto pubblica,  quello di me stessa come professionista, al centro di relazioni impostate su altri tipi di presupposti, tutti riconducili, in buona sostanza, all’ambito performativo. Qui mi dedico al lavoro, progetto, elaboro, discuto anche, qui mi sento sempre messa alla prova. Firenze è il luogo del confronto, della sfida, del giudizio.
Sono diversa io e sono diverse le due città che accolgono i miei moti di andata e ritorno: l’una cittadina provinciale dai ritmi sonnacchiosi e privi di scossoni, l’altra città-cartolina dalla storia sfolgorante, crocevia dei fremiti e delle contraddizioni tipiche degli aggregati urbani della contemporaneità.   E dal mix di intrecci tra città, stili e personalità nasce una mia personale forma di elaborazione di conoscenza… la conoscenza pendolare, appunto…
L’altra mia forma di pendolarismo non si esplica in uno spazio esterno, ma interno a me stessa e riguarda una attitudine che, essendo tipica del segno zodiacale cui appartengo, si spiega facilmente, appunto, con riferimento all’oroscopo: essendo nata il 17 giugno, appartengo al segno dei gemelli. Come ognun sa Castore e Polluce, i Dioscuri, figli di Giove e di Leda, pur essendo gemelli differivano in un particolare direi di notevole importanza: a causa di un cervellotico intreccio di quelli che soltanto la mitologia greca sapeva concepire, e che non mi metto a spiegare, Polluce era immortale, Castore, al contrario, mortale. Come tutti i gemelli, i Dioscuri erano affezionatissimi l’uno all’altro e quando, al termine di una loro rocambolesca avventura, Castore fu ferito a morte, il fratello si rivolse implorante al loro padre, Zeus, perché facesse morire anche lui, oppure concedesse l’immortalità anche al gemello morente. Zeus esaudì a modo suo la preghiera del figlio; decise di ricongiungere i due gemelli permettendo loro di stare insieme per sempre, trascorrendo metà del tempo agli Inferi, l’altra metà con gli Dei, sul Monte Olimpo. Ed ecco che io, da buona gemelli, passo metà del mio tempo agli Inferi, l’altra metà sull’Olimpo…o meglio, adattando il mito alle mie personali esigenze, metà tempo in terra, l’altra metà in cielo… alternando in modo equo le due facce della mia personalità, l’una assolutamente razionale, calcolatrice e logica, l’altra artistica, sregolata e fantasiosa… e giungendo quindi ad una conoscenza davvero multiforme… non è una forma di pendolarismo anche questa?
E considerando che a questa forma di pendolarismo “interna” io affianco l’altra, quella “esterna”, non posso forse affermare orgogliosamente di essere una pendolare al quadrato? … da questa considerazione deduco che stavolta ci ho decisamente azzeccato, e che questo è proprio il seminario che fa per me…

Francesca Rigotti, Il pensiero pendolare, Il Mulino 2006

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