Finisco il 2015
leggendo Rinascimento privato, di Maria Bellonci. Un libro che da
moltissimi anni mi ripromettevo di leggere: lo avevo in casa da
ragazzina, lo prestai, non mi è mai stato restituito... il desiderio
di leggerlo era rimasto intatto, ma era come se aspettassi il suo
ritorno sulla mia libreria. Alla fine mi sono rassegnata
all’evidenza, ho smesso di aspettarlo, e l'ho preso in prestito in
biblioteca. Un libro che all'inizio mi ha creato qualche difficoltà;
ammetto di non ricordare molto della storia del cinquecento e nelle
prime pagine ho faticato un po' ad orientarmi. Ma la lettura si è
rivelata da subito affascinante, prima di tutto per la lingua
utilizzata. La Bellonci usa un linguaggio punteggiato di parole
desuete e forme arcaiche che conferiscono alla narrazione una
seducente patina di antico. Ammaliata da questo stile particolare mi
sono lasciata conquistare dalla narrazione e adesso che l'ho finito
non posso fare a meno di esprimere un giudizio entusiasta! Si tratta
di una autobiografia immaginaria di Isabella d'Este, figlia di Ercole
Duca di Ferrara e Marchesa di Mantova in seguito al matrimonio con
Francesco II Gonzaga. Sua madre era la figlia del Re di Napoli; sua
sorella la moglie di Ludovico il Moro; suo fratello sposò in seconde
nozze Lucrezia Borgia, figlia di Papa Alessandro VI e sorella del
famigerato Valentino. La nostra Isabella curava attivamente gli
interessi della famiglia e del suo Marchesato destreggiandosi tra
Francia, Venezia, Papato, Impero; non meno importanti erano i suoi
contatti intellettuali e artistici. Giovinetta alla corte di Ferrara
ebbe a che fare con Pico della Mirandola, a Mantova incontrò tra gli
altri Niccolò Machiavelli e Ludovico Ariosto, suo ambasciatore era
Baldassarre Castiglione, suo pittore di corte Andrea Mantegna; e tra
gli artisti con cui fu in relazione
figurano Tiziano, Perugino,
Leonardo da Vinci, il Correggio; alla sua corte lavorarono i
compositori Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara. Insomma era in
contatto con tutti i grandi del tempo. I libri di storia ce la
restituiscono come una donna colta, appassionata di arte e di musica,
abile diplomatica e assai capace in politica, tanto da essere
definita la "Primadonna del Rinascimento". Alla morte del
marito governò Mantova come reggente del figlio Federico e si
adoperò con successo per aumentare il prestigio del suo marchesato.
Infatti Mantova divenne un ducato, e per il figlio minore Ercole
Isabella riuscì ad ottenere il titolo di cardinale. Nel libro della
Bellonci questi e molti altri avvenimenti vengono descritti dal punto
di vista privato della Marchesa che nel 1533, nella sua Stanza degli
orologi, ripercorre la sua vita narrandone i fatti salienti e
intervallando il filo dei ricordi con le lettere a lei spedite da un
prelato inglese (“anglico”, come lo definisce lei) che ha
incontrato una sola volta e con il quale si è instaurato un rapporto
intenso ancorché espresso soltanto attraverso queste lettere che le
giungono a distanza di anni, e alle quali lei non risponde mai.
Tanti sono gli
aspetti che mi hanno colpito di questa narrazione. Non si può
resistere al fascino di questa donna, vera stratega e abilissima
diplomatica, capace di destreggiarsi nel complicato intrigo di
rapporti tra le potenze del tempo e di uscirne vittoriosa. Mi è
piaciuto molto il modo in cui la Bellonci dipinge questo personaggio,
umanissimo ed estremamente femminile. Una donna di potere e di
governo che aveva una vera passione per gli abiti, i gioielli, la
cosmesi, la bellezza in generale. Una donna che viveva intensamente
la sua condizione di madre; ebbe nove figli, tra i quali tre maschi
destinati a vite importanti, per i quali palpitava e si adoperava
senza risparmiarsi. “Avevo dedicato venticinque anni di meditate
invenzioni a favoleggiare e a crescere, col figlio delle mie viscere,
il figlio del mio spirito.” La vita di corte viene descritta in
modo mirabile, e davvero sembra di vederlo il gruppo di donne che fa
compagnia alla Marchesa e segue le sue indicazioni in merito a
pettinature elaborate, abiti raffinatissimi, musica, poesia e
passatempi vari, e che naturalmente ha un suo ruolo nelle politiche
del marchesato dei Gonzaga. Una dama di Isabella, detta la Brognina,
spicca per bellezza e intelligenza, e coglie clamorosi successi a
Milano, dove si è recata al seguito di Isabella, che è stata
chiamata a conferire fasto e splendore alla corte ducale degli
Sforza. Durante quel soggiorno, fitto di cene, di balli e di tornei,
le vittime della bellezza della Brognina e del suo brillante gioco
seduttivo furono molteplici e importanti: il rappresentante imperiale
a Milano, Matteo Lang, vescovo di Gurk, il viceré di Napoli Raimondo
de Cardona, e il Duca di Milano in persona.
Tra i tanti
episodi narrati in questo romanzo, memorabile l’incontro tra
Isabella e Lucrezia Borgia, sua cognata, e ben presto anche sua
rivale in quanto diverrà amante del marito. L’incontro avviene a
Mantova; la marchesa, nel predisporre l’accoglienza per l’illustre
ospite, fa si che non venga disposta una sedia per lei, la quale è
costretta a non trattenersi e a togliere presto il disturbo; e
ricambia la scortesia andandosene senza salutare.
L’aspetto che
mi ha più avvinta in questa lettura è stata, comunque, la bravura
della scrittrice nel creare uno stile narrativo “antico” del
tutto plausibile, fondamentale per immergere il lettore nel clima
cinquecentesco e accompagnarlo in una sorta di viaggio nel tempo. Ho
amato in particolare l’uso di termini antichi e desueti, capaci da
soli di evocare una certa atmosfera, un’ ambientazione, la “tinta”
di un’intera epoca. Affascinanti i termini che definiscono i
colori: tané per castano, berrettino per bigio, carnicino per roseo,
lionato per fulvo…così come tante altre parole, le costruzioni
dei periodi, la sintassi in generale, che mi hanno fatto apprezzare
ed amare non solo il grande personaggio storico di Isabella d’Este,
ma anche la grande scrittrice Maria Bellonci! Che è stata capace di
rendere la complessità psicologica e la grandezza storica della sua
eroina punteggiando il testo di frasi icastiche e memorabili. Una su
tutte: “La mia natura è tale che preferisco una calda angoscia ad
una frigida pace.” Un motto che, tutto sommato, sento di poter
adottare anche per me.