martedì
8 novembre 2011
LA
SUDAMERICANA
Torno
a casa con un treno del primo pomeriggio.
Davanti
a me una donna dalla carnagione scura, tipo brasiliano; capelli castani striati
di biondo raccolti strettamente sulla nuca, fronte ampia, zigomi larghi, naso
pronunciato, pelle del viso con imperfezioni, bocca scolpita e segnata dal
rossetto. Indossa un tailleur con gonna corta e attillata di un colore tra il
grigio scuro e l’azzurro, ornato di profilature di colore dorato; sul
sottogiacca nero a collo alto spicca una collanina d’oro con un ciondolo
rotondo, a forma di timone. Niente orecchini. La gonna lascia scoperte le gambe
lunghe e robuste, coperte da un paio di calze sullo stesso tono grigio-azzurro
del tailleur, a rete lavorata con ampie decorazioni a motivo floreale.
Legge
un libro in edizione economica, con la copertina tutta sui toni del giallo e
dell’arancio, che riporta il titolo diviso in due nuvolette da fumetto: prima
nuvoletta: “Perché mentiamo con gli occhi” seconda nuvoletta: “e ci vergogniamo
con i piedi?”. Stringe nella destra una penna, e ogni tanto sottolinea o prende
appunti, talvolta sul bordo, mettendo il libro di traverso e sfruttando tutta
la lunghezza. A partire da Lastra a Signa fa una serie di sbadigli
profondissimi.
martedì
15 novembre 2011
CON
LE DITA NEL NASO
Treno
delle 7.16 per Firenze.
Ragazzo
giovane, tra i 25 e i 30. Salito a Signa.
Capelli
castano chiari, un bomber imbottito con il cappuccio, una sciarpa a quadri sui
toni del grigio e dell’azzurro polveroso. Baffetti, barba volutamente
malrasata.
Tira
fuori dallo zaino un quadernone molto vissuto, con la copertina dai bordi un
po’ arricciati e fogli che spuntano tra le pagine. Sembra stia ripassando una
lezione. Poi rimette dentro il quadernone, trattiene solo un foglio piegato in
due, è una fotocopia. Legge e alza lo sguardo, poi lo riabbassa, sembra
ripetere tra sé e sé.
All’improvviso,
quando il treno è ormai già ripartito da Firenze Rifredi e gli altri passeggeri
si preparano alla discesa a Santa Maria Novella, fulmineamente rimette dentro
lo zaino il foglio fotocopiato e tira fuori un libro, “Memorie di un cane
giallo”, di O.Henry, in una edizione che non riesco a distinguere,
forse Feltrinelli. Nei pochi minuti che mancano alla stazione di fine corsa si
mette a leggere, e si infila più volte le dita nel naso.
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