martedì 3 gennaio 2012

Le interviste impossibili / Oscar Wilde

CRISTINA PRETI: Buongiorno, che onore per me incontrarla! Ma sa che lei è stato l’autore preferito della mia prima adolescenza?  Pensi, e non so se questa notizia le farà piacere, che ho chiamato il mio primo gatto Oscar, in suo onore!
OSCAR WILDE: (…) (tace, con una faccia che pare annoiata. Sta pigramente sorseggiando una tazza di tè.)
C.P.… la lettura del Ritratto di Dorian Gray è stata un’esperienza fondamentale… ero una ragazzina… e poi le dirò, un’altra sua opera che ho amato tantissimo è Il fantasma di Canterville... mi avevano regalato un libro che comprendeva diversi suoi racconti, oltre al Fantasma c’erano Il principe felice, Il gigante egoista… ah, ma il Fantasma era il mio preferito, e lo rimane tuttora!
O.W. (continua a tacere e a sorseggiare il suo tè. Ci inzuppa lentamente un biscottino al burro.)
C.P. … quindi non può immaginare che onore sia per me essere adesso qui con lei, addirittura parlarle… ma sa che in un certo periodo della mia vita avevo preso il vizio di utilizzare la buffa espressione “bunbureggiare” che compare nel suo L’importanza di chiamarsi Ernesto… tra l’altro, come immagino saprà, questo titolo in italiano viene reso talvolta anche con L’importanza di essere Probo, oppure con L’importanza di essere Franco, o anche  L’importanza di essere Onesto, nel tentativo di riprodurre il gioco di parole dell’originale titolo inglese… solo che in italiano certi concetti evidentemente non si rendono bene nemmeno per gioco… ah ah ah!
O.W. (…) (tace ancora, masticando lentamente il suo biscotto.)
C.P. (…) (Lo guarda interrogativa.)
O.W. (Finalmente apre bocca.) Solo gli ottusi sono brillanti la mattina a colazione.
C.P.… ma… io non avevo affatto intenzione di fare la brillante, sa… il mio è un modo come un altro per avviare la conversazione…
O.W. La conversazione dovrebbe sfiorare tutto, senza mai concentrarsi su niente.
C.P. E infatti io volevo soltanto avviarla… anche se, in effetti,  non mi piacciono le chiacchiere varie e futili… preferisco scambiare con gli altri opinioni precise su argomenti determinati, sarà perché sono una donna e…
O.W. Le donne non hanno mai niente da dire, ma lo sanno dire così bene.
C.P. Questa poi! Niente da dire? Ma… ora non voglio vantarmi di essere una grande conversatrice, però le assicuro che nel mio piccolo ho una certa cultura e sono in grado di affrontare conversazioni su svariati argomenti. Lo sa che per ottenere la mia laurea ho dovuto sostenere e superare ventuno esami, di cui due composti di prova scritta e prova orale?
O.W. Agli esami gli sciocchi fanno le domande a cui i saggi non sanno rispondere.
C.P. Ah si? Avrei voluto vedere lei al posto mio! E lo sa quanti concorsi ho dovuto affrontare per raggiungere la mia posizione professionale?
O.W. Tutti i concorsi sono una buffonata. Se uno è gentiluomo, ne sa quanto gli basta; se uno non lo è, tutto ciò che sa non può che danneggiarlo.
C.P. Insomma lei ha delle idee preconcette e non credo che andremo molto avanti continuando su questa linea.
O.W. (Tace e continua a sorseggiare il suo tè.)
C.P. (tra sé e sé) Che tipo indisponente. Vabbè, io proseguo. Chi la dura, la vince. (rivolta a O.W.) Veniamo al dunque. Sono venuta da lei per parlarle del mio primo romanzo, “La donna che morì bevendo caffè”… una storia che parla del rapporto tra genitori e figli, in particolare tra una madre e suo figlio maggiore…
O.W. I figli da piccoli amano i genitori. Una volta cresciuti li giudicano. Raramente, per non dire mai, li perdonano.
C.P.… è esattamente questo l’argomento centrale del mio romanzo… lei… forse lo ha letto? Oh Dio che emozione! E… mi dica, le è piaciuto? Beh, certo non è proprio una storia divertente, anzi direi che il tono generale è abbastanza triste, e il finale, poi…
O.W. Non mi piacciono i romanzi a lieto fine: sono troppo deprimenti. I buoni finiscono bene e i cattivi finiscono male. 
C.P. Beh, il mio non può certo definirsi un romanzo a lieto fine, se lo ha letto sarà d’accordo con me…mi piaceva l’idea di scrivere la storia di una donna dalla doppia morale, e anche il mio romanzo può considerarsi morale, in un certo senso…
O.W. Non esistono libri morali o immorali. I libri o sono scritti bene o sono scritti male. Questo è tutto.
C.P. E… visto che, a quel che ho capito, ha letto il mio romanzo… che ne dice? E’ scritto bene o è scritto male?
O.W. Chiunque può scrivere un romanzo in tre volumi: ciò richiede semplicemente una totale ignoranza della vita e della letteratura.
C.P. Tre volumi? … ma il mio romanzo non è in tre volumi! Vuol forse insinuare che è un po’ lungo? E poi… che significa totale ignoranza della vita e della letteratura? Non voglio certo passare per una profonda conoscitrice della letteratura, anche se a dire il vero qualcosa conosco… ma sentirmi dire che sono ignorante anche della vita…
O.W. Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
C.P. Le assicuro che i miei anni li ho vissuti tutti, uno per uno! Ne ho passate tante!
O.W. L’esperienza non ha alcun valore etico: è semplicemente il nome che gli uomini danno ai propri errori.
C.P. Ma caro signore, lei emette sentenze con una tale facilità… io non credo di aver fatto molti errori nella vita… e quindi, secondo quel che ha detto lei, avrei accumulato poca esperienza. Meglio così, vuol dire che sono ancora giovane!
O.W. Il segreto per rimanere giovani sta nell’avere una sregolata passione per il piacere.
C.P. Non sono d’accordo. Io credo che, giovani o non giovani, ognuno di noi abbia innanzitutto dei doveri e…
O.W. Il primo dovere di una donna è verso la sua sarta. Quale sia il secondo, nessuno lo ha ancora scoperto.   
C.P. Mi spiace per lei, ma io non mi servo di sarte, compro abiti già confezionati! Ci mancherebbe, al giorno d’oggi…
O.W. Niente è così pericoloso quanto l’essere troppo moderni. Si corre il rischio di diventare improvvisamente fuori moda.
C.P. Ma cosa vorrebbe dire, che io sono fuori moda?
O.W. Con lo scenario adatto, le donne possono tutto.
C.P. Scenario? Ma cosa c’entra?
O.W. Dopo un buon pranzo si può perdonare chiunque, perfino i nostri parenti.
C.P. Questa poi!
O.W. Il passato ha un unico merito: quello di essere passato.
C.P. Eh?
O.W. Sono solo i superficiali a non giudicare dalle apparenze.
C.P. Ho capito, ho capito. Parlare con lei è impossibile. Me ne vado.
O.W. Niente può curare l’anima se non i sensi, così come niente può curare i sensi se non lo spirito.
C.P. La saluto. Vado via!!
O.W. (resta solo e termina il suo tè, continuando a mormorare tra sé.)
Basta migliorare una persona, per rovinarla… Oggigiorno si conosce il prezzo di tutto, e il valore di niente… L’ambizione è l’ultimo rifugio del fallito … Posso resistere a tutto, fuorchè alle tentazioni…

1 commento:

  1. Veramente carino, sembra quasi un dialogo veramente vissuto......ed approposito ed tuo libro......"se il buon giorno si vede dal mattino", x il mio modestissimo parere, sara' una "Giornata-Carriera" bella e luminosa!!.

    RispondiElimina