giovedì 22 settembre 2011

Perché proprio il caffè

Perché proprio il caffè nel titolo del mio romanzo?
Intanto, è ovvio, perché c’entra con la storia. Non posso scendere nei particolari per non rovinare la sorpresa ai milioni e milioni di lettori che ancora non hanno letto il mio libro – ma che lo faranno presto. Non voglio che mi pesi sulla coscienza la delusione che proverebbero nel sapere in anticipo come, perché e quando compare nel romanzo il famigerato caffè… 
E poi perché è una bevanda che mi accompagna da una vita.
Evoca ricordi di cucine; quella della mia casa di ragazza quando bevevo il caffè con mia madre nella quiete del dopopranzo, oppure a metà pomeriggio, tra un capitolo e un altro degli interminabili volumi che studiavo per l’università; la cucina della casa di mia zia, in campagna, che si apre su una terrazza con una spettacolare vista sui campi e gli oliveti del Montalbano; quella della mia attuale casa, in cui bevo il caffè sfogliando il giornale, nella luce silenziosa del primo pomeriggio, quando tutti si riposano, anche il porcellino d’india che dorme accoccolato nella sua gabbietta.
Evoca ricordi di bar; quello interno al palazzo comunale del mio primo impiego, con le colleghe a chiacchierare di libri, di vestiti e di film; il bar del centro rinomato per i bomboloni alla crema in cui portavo a far merenda Raffaele quando era piccolo; i bar vicini al mio ufficio, a Firenze, tutti marmo color miele ambrato decorato con fregi dorati, pieni di turisti, di impiegati in giacca e cravatta, di commercianti, di gente a zonzo non si sa perché.
Evoca le macchinette distributrici di caffè; sì, a me piace anche quello delle macchinette.  
Evoca relazioni, chiacchiere, confidenze, piccoli intrighi, aggiornamenti, sfoghi, amicizie; e momenti di pausa trascorsi in breve solitudine, rubati al caos delle giornate, all’incalzare delle voci, allo squillare dei telefoni, ai richiami del mondo.
Anche una delle opere letterarie più belle che io abbia mai letto, la Trilogia del Cairo di Naguib Mahfuz,  è potentemente legata al ricordo del caffè. La trilogia - composta dai volumi “Tra i due palazzi”, “Il palazzo del desiderio” e “La via dello zucchero” – narra le vicende di una famiglia cairota dagli inizi del novecento fino all’avvento di Nasser, nei primi anni cinquanta.
Romanzi dalle atmosfere struggenti, in cui i vicoli del Cairo trionfano con la loro umanità variegata e fantasiosa, i loro colori impolverati dal caldo, le botteghe in penombra, gli aromi acuti di spezie e di essenze. I componenti della famiglia protagonista  della Trilogia hanno l’abitudine di riunirsi ogni giorno per prendere, tutti insieme,  il caffè: passano gli anni, gli amori, le amicizie e le inimicizie, le tristezze, le gioie, le preoccupazioni, i personaggi crescono, maturano, invecchiano e muoiono, ma resta, al centro di tutto questo intreccio di vicende, la quotidiana “riunione al caffè”. E intorno a quel caffè si celebra l’umano trascorrere della Vita, l’ineluttabilità della Storia, lo svolgersi inarrestabile del Tempo.    

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