mercoledì 2 gennaio 2013

Le particelle elementari di Michel Houellebecq



Ho finito il 2012 leggendo “Le particelle elementari”  di Michel Houellebecq, scritto alla fine degli anni ‘90. Un romanzo complesso e inquietante che mi ha dato parecchio da riflettere; non solo e non tanto per come è scritto, ma per il tema che tratta, che potrebbe essere riassunto in estrema sintesi come la storia dei tentativi compiuti recentemente dall’umanità per raggiungere la felicità e allontanare il dolore, attraverso i movimenti e le mode che si sono susseguite e intrecciate nel secolo scorso: gli hippy, la new age, le filosofie e le meditazioni, la liberazione sessuale… tutti tentativi, secondo l’autore, miseramente falliti. L’uomo è rimasto solo e inerme davanti alla sofferenza, all’incomunicabilità e alla morte; in questo quadro apocalittico, il libro si chiude ipotizzando inquietanti scenari futuri. 
Michel Djerzinski e Bruno Clement sono fratellastri; la madre Janine ha abbandonato entrambi, insieme ai loro padri,  per correre dietro alla sua esistenza libertaria e sregolata. Michel, allevato in un clima tutto sommato amorevole dalla nonna, eccelle negli studi e diventa uno scienziato dedito alla biologia molecolare, vicino al Nobel; Bruno invece, cresciuto tra le angherie e le prepotenze del collegio, pur riuscendo a costruirsi una esistenza “normale”, con una professione e una famiglia regolare, è schiavo delle proprie ossessioni sessuali. 


Michel vive un’esistenza emotivamente asettica, è incapace di provare sentimenti di affezione e condivisione con gli altri esseri umani; la sua storia adolescenziale con la bella e dolce Annabelle non decolla a causa della sua freddezza, e i due vivranno una “seconda occasione” in età matura, che però è anch’essa destinata al fallimento. Annabelle, che ha chiesto a Michel un figlio, ma che non è riuscita a portare avanti la gravidanza a causa dell’insorgere di un tumore, consapevole della propria imminente fine, si uccide.
Bruno, per parte sua, ha esperienze sentimentali insoddisfacenti; brutto e grasso, maniacalmente attratto dalle donne e soprattutto dalle adolescenti, pur riuscendo a sposarsi e ad avere un figlio, si sente sopraffare dal malcontento, si separa, si lascia andare alla deriva della bulimia e del sesso compulsivo, fino a quando non incontra Christiane, anch’essa separata e con un figlio adolescente che le dà problemi. Con questa donna, libertaria e disinibita, forse potrebbe raggiungere una qualche forma di equilibrio, tra confidenze e ammucchiate varie  -  descritte in pagine obbiettivamente pornografiche. Ma Christiane, ammalatasi gravemente, resta paralizzata, e si uccide. Le ossessioni che da sempre tormentano Bruno lo avvincono in una spirale morbosa e oscena e lo portano, infine, alla clinica psichiatrica.
Sia il mondo razionale di Michel che quello patologico di Bruno sono desolatamente dominati dalla solitudine e dal caso; non c’è luce nelle loro esistenze.
Nella parte finale del romanzo Michel si trasferisce in Irlanda, dove, vivendo in uno stato di solitario distacco, affina e conclude i suoi studi scientifici sulla biologia molecolare pubblicando una serie di trattati prima di sparire, probabilmente suicida. Grazie alle sue intuizioni, la comunità scientifica trova il modo di studiare e poi mettere in pratica il superamento del genere umano attraverso la creazione di una nuova specie, per la quale il sesso non è fondamentale per la propria riproduzione. Il nuovo genere umano, geneticamente esente da tutti i difetti del vecchio, è composto da individui tutti con il medesimo patrimonio genetico e quindi non portatori di singole personalità; del resto, proprio questo elemento – la differente personalità degli individui – era stata la fonte della maggior parte delle sventure dell’uomo.
La nuova umanità, una specie asessuata e immortale, al di là dell’individualità, della separazione e del divenire, è una umanità riconciliata, ragionevole, e quindi felice. Il genere umano, dunque, grazie soprattutto alle geniali intuizioni di Michel Djerzinski, è la prima specie animale dell’universo conosciuto a organizzare essa stessa le condizioni della propria sostituzione.


Nel libro si alternano brani di tono nettamente scientifico, lucidi e distaccati proprio come si trattasse di un saggio di fisica, biologia o antropologia, a periodi  e descrizioni caratterizzate da una volgarità quasi insopportabile. La narrazione è pervasa di assoluto cinismo, le descrizioni sono  disumanizzate, simili all'osservazione del naturalista. Tra i personaggi i rapporti intercorrono senza che ci siano scambi emotivi, condivisioni, palpiti di alcun genere. Ci sono intuizioni di un pessimismo totale, desolanti ma basate su argomentazioni fondate: la crisi della paternità, l'orrore della preadolescenza, la competizione tra maschi, l’inutilità della psicoanalisi e delle pratiche terapeutiche alternative. Su tutto incombe la paura della vecchiaia e della morte.
Mi ha colpito, come già mi era successo leggendo, tanti anni fa, un altro romanzo di quest’autore, “Piattaforma”, l’ambivalenza con cui Houellebecq dipinge la figura femminile; soggetto verso il quale il maschio tende con tutte le sue forze, in modo ossessivo, e dai cui comportamenti spesso dominati da egoismo e autoreferenzialità in un certo qual modo disumani, discendono per l’uomo infiniti problemi di identità e autostima; ma anche unico mezzo per raggiungere, forse in modo illusorio, una qualche forma di stabilità e di equilibrio, se non proprio di felicità. 
Ecco le ultime parole del romanzo: “Questo libro è dedicato all’uomo”; ma non all’uomo clonato e perfetto che compare nel visionario finale del racconto; è dedicato all’uomo appartenente alla vecchia specie; questa “specie sventurata e coraggiosa…dolorosa e vile, di poco diversa dalla scimmia, e che pure recava in sé aspirazioni assai nobili. Questa specie tormentata, contraddittoria, individualista e rissosa, di un egoismo sconfinato, talvolta capace di inaudite esplosioni di violenza, ma che tuttavia non cessò mai di credere nella bontà e nell’amore.” Questa specie che siamo noi…

1 commento:

  1. complimenti per la precisa e serrata recensione di un romanzo così complesso, che fornisce tanti spunti di riflessione sull'esistenza e di interpretazione della nostra epoca .

    RispondiElimina